Confcommercio: Dalla Finanziaria nessun riconoscimento per il ruolo del Terziario""

La Confcommercio nazionale ha espresso forte contrarietà per i contenuti della nuova Legge Finanziaria varata dal Governo, in quanto, almeno al momento, la nuova normativa lascia insoddisfatte quelle aspettative di sviluppo e crescita per le Imprese del Terzario che, pur rappresentando indiscutibilmente uno degli elementi cardine dell'intero sistema economico del Paese, si trova innanzi, ancora una volta, al mancato riconoscimento di quel ruolo di primo piano ad esso spettante in considerazione della sua valenza produttiva ed occupazionale.
Diamo spazio alla posizione illustrata al riguardo dalla Confcommercio nel corso della recente audizione avvenuta innanzi alle Commissioni Bilancio delle Camere.



Le ambizioni" del DPEF e l'impianto della finanziaria

In occasione della nostra audizione sul DPEF per il 2007-2011, segnalammo le caratteristiche quantitativamente e qualitativamente ambiziose di una manovra finanziaria per il 2007, già allora prospettata nell'ordine dei 35 miliardi di euro e finalizzata al perseguimento di obiettivi di sviluppo, di risanamento e di equità.
Quel testo aveva, a nostro avviso, soprattutto un merito: quello, cioè, di riconoscere che, in un quadro di più contenuto contributo potenziale dei processi di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico e in uno scenario di aumento dei tassi di interesse su scala internazionale, la correzione degli andamenti strutturali della finanza pubblica richiede certo il contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale e l'incremento di efficienza della funzione pubblica, ma anche e soprattutto "misure strutturali dirette a piegare la dinamica della spesa pubblica", agendo sul pubblico impiego, sul sistema pensionistico, sulla spesa sanitaria, sulla finanza degli enti decentrati.
Scorrendo, oggi, il testo del disegno di legge finanziaria per il 2007 e del connesso decreto fiscale, il nostro interrogativo di fondo è, dunque, cosa sia rimasto di quelle ambizioni. La nostra risposta è: poco, davvero troppo poco.
Certo, quantitativamente siamo di fronte ad una manovra impegnativa, la più cospicua, come è noto, dopo quella varata nel 1992. Una manovra da 34,7 miliardi di euro, pari a circa il 2,3 % del PIL, cui occorre sommare l'aggiustamento, pari allo 0,3% del PIL, realizzato con il decreto fiscale, attraverso il quale è stato sterilizzato l'impatto sull'extra-deficit della recente sentenza europea in materia di IVA auto.
Ma, intanto, il positivo andamento delle entrate, aumentate di circa 24 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2006, e la riduzione del fabbisogno di cassa dello Stato, pari a circa 25 miliardi nei primi nove mesi sempre del 2006, hanno reso oggettivamente assai più agevole il perseguimento dell'obiettivo del risanamento, ai cui fini sono ora "generosamente" destinati – sul complesso dei 34,7 miliardi di euro - 15,2 miliardi di euro attraverso i quali ricondurre l'indebitamento netto al 2,8% del PIL e, quindi, al di sotto del fatidico parametro del 3% del Patto di Stabilità.
Stando così le cose, sarebbe stato lecito aspettarsi che, a fronte della conferma della scelta di una manovra comunque quantitativamente ambiziosa, altrettanto ambiziose sarebbero state, sul piano qualitativo, le misure di contenimento strutturale della spesa pubblica, quelle per il perseguimento dell'equità e, soprattutto, quelle per l'accelerazione del passo di crescita dell'economia del Paese.
Invece, così purtroppo non è stato.

L'aumento della pressione fiscale e contributiva 

Non lo è stato, perché - nell'insieme e stando alle Tabelle allegate al disegno di legge finanziaria, illustrative degli effetti finanziari sul bilancio dello Stato - la manovra continua a pigiare il pedale facile di maggiori entrate per oltre 17 miliardi di euro, di cui entrate fiscali per circa 5,3 miliardi di euro ed entrate previdenziali per circa 12 miliardi di euro, ove si"