Controllo di Finest, braccio di ferro con il Veneto

>Da spartire 17 posti del cda e 5 revisori dei conti: i partiti della Cdl hanno già deciso su quasi tutti i nomi TRIESTE «Peggio che mettere assieme un puzzle. E, tanto per peggiorare le cose, vedrete che al quadro finale mancherà qualche tassello...». Profezia pessimista o lucida analisi dei fatti? La dichiarazione appartiene a un «anonimo» addetto ai lavori ben in formato delle faccende di Finest. L'assemblea della società finanziaria di promozione della cooperazione economica con i Paesi dell'Est europeo, rinviata nelle scorse settimane già un paio di volte, è in programma per giovedì a Pordenone: in quella sede dovrà essere rinnovato il consiglio di amministrazione. Ben 17 poltrone da distribuire tra i soci: una decina spettanti all'azionista di riferimento, la Regione Friuli Venezia Giulia, tre teoricamente destinati al Veneto, e poi uno ciascuno agli altri possessori di quote (alcuni istituti di credito, alcuni industriali, la Simest...). Di questi 17, solo otto (oppure cinque, se andrà in porto una certa manovra) entreranno poi a far parte dell'esecutivo. In più mettiamoci la scelta dei cinque revisori dei conti (due posti riservati alla Regione Fvg, uno alla Regione Veneto, due di nomina governativa) e il mal di testa è assicurato. Insomma: già se non ci fossero complicazioni di sorta, sarebbe facile perdere il conto tra confermati, «silurati», uscenti e «new entry». Fatto sta, invece, che le complicazioni ci sono, eccome...
FAME VENETA. La principale, come già scritto su queste pagine una decina di giorni fa, è conseguente alla «fame» del Veneto, che da tempo spinge per contare di più all'interno della società e che anche per questo almeno in un paio di occasioni ha fatto saltare la prevista assemblea. La soluzione della contesa potrebbe essere vicina. Oppure no. «Al Veneto abbiamo fatto una proposta concreta - spiega Alessandro Colautti, portavoce della giunta Tondo nonché consigliere d'amministrazione uscente (e certo riconfermato) della Finest -: una piccola modifica dello statuto societario che, attribuendo una specifica delega al vicepresidente (che spetta al Veneto, appunto, ndr.), consentirebbe maggiore autonomia nella gestione della cosiddetta sezione speciale", una specie di "filiale" della finanziaria». La proposta, dunque, c'è. Ma è stata accettata? «Al momento da Galan non abbiamo risposte ufficiali - precisa Colautti -, però so che la giunta di quella Regione si riunirà "ad hoc" domani. Dovrebbero darci i nomi dei loro tre nuovi componenti del cda e, speriamo, un'indicazione a proposito della concessione che il socio di maggioranza è loro disposto a fare».
PRETESE SENZA RISCHI. Il condizionale è però d'obbligo: non è infatti assolutamente detto che il Veneto accetti senza discutere l'«apertura» avanzata dal Friuli Venezia Giulia. E se tra le due Regioni ci fosse un irrigidimento, tanto più che i maligni fanno notare come i «cugini» pretendano di aumentare il loro peso in Finest senza aver mai rischiato i propri danari? Colautti non ha dubbi: «Abbiamo aspettato anche troppo - sbotta -. Sia come sia, noi giovedì rinnoveremo le cariche sociali di Finest. Magari parzialmente, nominando 14 o 15 membri del cda ed eventualmente lasciando al Veneto la possibilità di inserire i propri uomini in un secondo tempo, a intesa raggiunta. Ce lo consente la legge del '91 sulle Aree di confine, che stabilisce che il cda di Finest possa contare "da 11 a 17 elementi". Comunque sono abbastanza tranquillo, penso che giovedì avremo il cda al completo. In più - conclude Colautti - stiamo valutando anche un'altra cosetta: a fronte di un cda tanto numeroso e rappresentativo, vorremmo ridurre da otto a cinque i membri dell'esecutivo, per dare maggiore agilità e snellezza all'intero apparato».
RAPPORTI TESI. Tutto facile. Almeno a parole. Se per Colautti il problema interregionale in pratica non esiste, altri «bene informati» sostengono che la nomina «parziale» è impossibil"