Ortofrutta: primi riflessi della nuova normativa

Solo una minoranza di esercenti ha applicato la nuova norma che impone di specificare la zona d’origine e la qualità
Frutta e verdura, la «targa» non c’è
Il responsabile di categoria: «Basta trascrivere quanto indicato sulle confezioni all’ingrosso»

ortofruttaEtichette poche, controlli pressoché nulli, consumatori quasi ignari della novità. E’ cominciata così, senza clamori, l’era delle etichette sulla frutta. A Trieste, come nel resto del Paese, l’entrata in vigore della norma che impone ai fruttivendoli e a tutti i negozi, come ad esempio i supermercati, che vendono frutta e verdura al dettaglio, di identificare i prodotti sistemati sui banconi per la vendita (con l’indicazione del luogo di provenienza e della qualità) non ha registrato sostanziali modifiche negli usi quotidiani.
Evidentemente, come spesso accade in Italia, bisogna aspettare che le regole vengano digerite, prima di vederle pienamente applicate. Certo, qualche eccezione c’è: fruttivendoli che fin dalla prima mattina di lunedì si sono attrezzati a dovere, e clienti che hanno provveduto a richiedere quanto dovuto sulle etichette ce ne sono stati. Ma si tratta di una minoranza.
«Va detto che la legge tutelava già i consumatori - spiega Antonino Nangano, responsabile dei fruttivendoli in seno alla Confcommercio - perché la categoria, intendendo per tale la terra d’origine e la qualità del prodotto, della frutta e della verdura, da anni viene obbligatoriamente indicata sulle confezioni che noi dettaglianti acquistiamo all’ingrosso. Finora la differenza consisteva nel fatto che, una volta trasportata la merce nei vari negozi - aggiunge - si poteva disporla a piacimento, seguendo magari criteri estetici, finalizzati a rendere più piacevole l’operazione di compera da parte dei consumatori. D’ora in poi - prosegue Nangano, titolare di un’attività situata in pieno centro e quindi abituato a una clientela molto varia - dovremo adeguarci a questa novità, scrivendo sui cartellini che indicano il prezzo anche l’area geografica di origine e la qualità specifica del prodotto. In sostanza - conclude - si tratterà di riportare quanto già viene indicato sulle confezioni all’ingrosso».
Rimane però un interrogativo, sul quale il legislatore dovrà esprimersi: il cosiddetto concetto della «prevalenza». Le normative in vigore stabiliscono infatti che in determinati casi, per esempio nelle «osmize», è sufficiente che più della metà del prodotto in vendita sia classificato, per poter attribuire le medesime caratteristiche anche alla parte restante. «Se dovess

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